Sviluppo del linguaggio: cosa ci raccontano i campanelli d’allarme.

Parlare è una delle attività  che svolgiamo più spesso nell’arco della nostra quotidianità. Da bambini e poi da adulti facciamo un grande affidamento su queste competenze. Esistono però alcuni campanelli di allarme che ci permettono di comprendere meglio e più a fondo la presenza o meno di determinate problematiche connesse allo sviluppo del linguaggio. Attraverso l’ascolto, l’osservazione se necessario possiamo quindi individuare – insieme al logopedista – quali azioni mettere in campo per sostenere nostro figlio. Vediamo quali sono questi segnali e cosa possiamo osservare.

Cara mamma e caro papà, ogni giorno osserviamo e ci stupiamo dei progressi che il nostro piccolo cucciolo compie. Sguardi, gesti e sorrisi che riempiono il nostro tempo e che proiettiamo già nel futuro più luminoso. Le preoccupazioni però sono molte e alcune delle domande che per prime ci facciamo sono spesso legate allo sviluppo del linguaggio.

Quando parlerà?”, “Procede tutto per il meglio?” o ancora “Non dovrebbe già aver iniziato a fare, dire determinate cose?”. Nonostante questa fase possa essere piena di paure, di incognite e di ansie, possiamo vederla anche come un periodo prezioso che ci può raccontare molto del nostro bambino.

Ogni piccolo lo sappiamo bene è speciale, ma osservare come inizia a interagire con noi o con la realtà può dirci molto di quel che sta succedendo. È da quelle considerazioni che possiamo anche capire se stanno sorgendo problematiche, lievi o più accentuate. E soprattutto, a seguire, come intervenire per sostenere al meglio nostro figlio nel suo percorso di sviluppo e di crescita.

Nella pratica possiamo immaginare questi particolari segnali come dei piccoli campanelli d’allarme. Non dobbiamo preoccuparci o pensare subito che ci siano problemi insormontabili. Semplicemente li prendiamo per quel che sono: strumenti sottili ma efficaci, messaggi che portano alla nostra attenzione la necessità di indagare più in profondità cosa sta avvenendo così da poter prevenire e intervenire secondo i giusti tempi.

Quei campanelli che ci permettono di indagare e intervenire.

Il linguaggio, così come le relazioni umane, è un elemento vivo. Non è mai statico né puramente passivo o interno. È sempre un delicato equilibrio, una danza che vede il bambino e poi l’adulto impegnati in un’interazione costante. Un rapporto, una connessione potente che sta agendo persino quando noi non ce ne accorgiamo. Ecco perché – come prima possibilità – dobbiamo metterci in ascolto dei segnali e osservare.

I campanelli che  fotografano lo scenario in atto sono in via principale 7 e per essere colti devono essere monitorati nel tempo. Questo perché non è detto che siano subito tutti presenti né che siano così evidenti data anche la particolarità del linguaggio. Un qualcosa che è talmente ancorato all’essere umano da essere anche vincolato a determinati passaggi di crescita, alle unicità del bambino e a fattori sia fisici che emotivi.

Quali sono dunque i segnali che ci possono portare a voler approfondire anche attraverso la logopedia? Nella nostra vita di tutti giorni potremmo notare che il nostro piccolo non ci guarda negli occhi o comunque ricerca poco questo contatto visivo. Potremmo poi prestare attenzione alla lallazione. Il nostro cucciolo emette e gioca con i piccoli suoni?

Proseguendo chiediamoci sempre se nostro figlio cerca di comunicare con noi attraverso gesti o indicazioni. Sembra comprendere le nostro richieste più semplici? Ricerca e desidera l’interazione con noi, con gli altri o con la realtà che lo circonda? Mostra interesse per gli oggetti, per ciò che facciamo, per ciò che mangiamo o stiamo maneggiando?

Se è più grandicello: quante parole pronuncia? Comprendiamo bene i suoni o le parole che cerca di pronunciare? Ha un suo piccolo vocabolario? Nello specifico dunque possiamo vedere lo sviluppo del linguaggio come un asse che si allunga nel tempo. In ogni passaggio possiamo soffermarci su alcune delle domande che abbiamo visto prima.

Uno schema sintetico ci può aiuta a orientarci con più facilità!

  1. Dai 5 ai 10 mesi portiamo attenzione alla lallazione e ai vocalizzi
  2. Sempre dall’anno osserviamo la sua interazione con la realtà e gli oggetti
  3. Dall’anno e per i due mesi successivi soffermiamoci sui gesti che il piccolo usa oppure no per comunicare
  4. Dall’anno e mezzo chiediamoci “mio figlio utilizza più di 20 parole?”
  5. Da 2 anni osserviamo se il bambino possiede almeno o più di 50 parole
  6. Dai 2 anni e mezzo ai 3 ragioniamo sulla presenza o meno del gioco simbolico
  7. Dai 2 anni circa valutiamo se il piccolo fa fatica a comprendere le richieste
  8. Dai 3 anni monitoriamo la presenza o meno di parole incomprensibili o di fantasia

Tutte queste domande ci aiutano a farci un quadro più chiaro della situazione. Una possibilità in più per noi di analizzare e intervenire anche con l’aiuto della logopedia. Nulla di preoccupante, ma partire da questa consapevolezza ci permette di aiutare lo sviluppo linguistico di nostro figlio prevenendo o limitando la comparsa di problematiche più impegnative. Nel tempo è stato infatti evidenziato come siano soprattutto la prevenzione e un’azione tempestiva a essere in grado di fornire un supporto potente per la crescita anche cognitiva ed emozionale del nostro piccolo.

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